Appunti da un Pellegrinaggio

di Stefano Piselli


L'idea di partecipare ad un pellegrinaggio mi stuzzicava. Come al solito un misto di incoscienza e poca convinzione sono una buona miscela per imbarcarmi in qualche cosa verso cui provo attrazione. Ho prenotato il bus e, visto che sono diretto in Umbria, faccio un salto a conoscere meglio Silvio e Paola, dei quali serbo il ricordo di un buon feeling stabilitosi in un'altra iniziativa della Peacemaker Community.
Detto fatto! All'ultimo momento tiro fuori lo zaino un po' ammuffito, ci metto dentro un po' di cose. Mi accorgo che nell'armadio c'è tutto, compresi i pantaloni impermeabili, amici di tante piogge. Pronto lo zaino lo alzo e, sentendone il peso, mi ricordo con sorpresa che non ho mai camminato in vita mia più di qualche metro e che le mie giornate passano da un tragitto in macchina a una commissione in sella alla moto o al motorino. Mah!
Zaino in spalla prendo la metro e mi ritrovo da solo sul bus per Cagli, in Umbria. Parto da Roma con un giorno di anticipo, sotto un bel sole, e i sandali aperti e una camicia pulita dopo la doccia mi fanno sentire un ragazzino che parte per l'avventura.
Piano piano cambiano scenario e clima, la strada si fa più stretta e tortuosa, il traffico si dirada e la temperatura scende. Mi ritrovo alla fermata di Cagli e sono decisamente fuori luogo. Piove, fa freddo e nessuno ad aspettarmi! Comincio a capire che sono in viaggio. Mi infilo un maglione conosciuto, un paio di scarpe ed è come tornare a casa. Dopo poco arriva Paola, che con la sua Panda e una guida molto fluida si inerpica per paesaggi invernali. Fino alla fine di un sentiero a mezza costa, tra alberi reduci da un taglio. Siamo arrivati!
Mi sento spaesato, non so dove sono, non conosco nessuno e chissà che mi aspetta! Entro nella bella casa di pietra, sento il calore del fuoco acceso. Gli occhi luminosi ed il sorriso a quattro denti di Giordana, la figlia di un anno di Paola e Silvio, mi rassicurano. L'accoglienza è cordiale e sincera e durante la cena socializzo incuriosito con gli altri ospiti. Ho addosso il ritmo di Roma e la mente è molto reattiva. Cerco impressioni, per stabilire un controllo sulla situazione. Giudizi a raffica, ma sono in viaggio, pellegrino, e mi sono proposto di praticare in modo costante; prendo rifugio, un respiro e, dietro i racconti catastrofici di Graziella, scopro una persona sensibile e fragile che ha comunque grandi conoscenze di botanica e non solo. La coppia di musicisti-ballerini argentini spande nell'aria una carica erotica che rimane a mezz'aria come una nebbiolina leggera. Sabina, la figlia adolescente dei miei amici, si esercita alla fisarmonica, sicura solo della timidezza e dell'ingenuità della sua età. Domani si esibirà al saggio e la sua espressione oscilla fra l'accendersi di un sorriso luminoso e una smorfia quando perde il ritmo. I genitori di Silvio sono così genuini e caldi, mi sembra di conoscerli da sempre. C'è anche Anna, compagna di tanti ritiri silenziosi, e la sua amica Ida, che in qualche modo le somiglia.
La mattina seguente ci ritroviamo tutti in cerchio a praticare, e poi sul sentiero del bosco per la camminata. Sono a disagio mentre cerco di praticare con modalità che non conosco e tra i tanti giudizi mi colpisce l'entusiasmo con cui praticano Alfredo e Fiamma. Dopo la condivisione, tutti a fare la legna per il fuoco e poi a tavola! Mi accorgo che il contesto è cambiato. Un abbraccio fraterno con Silvio. Le guance rosse sul viso intelligente di Jair coi bei capelli ricci e neri. Jair è figlio di mezzo dei padroni di casa. Questi sono paletti che rassicurano l'ansia che sento nelle situazioni nuove. Abbracci sorrisi sinceri e si riparte. Alfredo e Fiamma ci accompagnano a Gubbio.
Ogni tanto provo una sensazione di incertezza. È notte, sembra inverno, sono sulla piazza di Gubbio, zaino in spalla in compagnia di Anna e Ida. Alla spicciolata il gruppo di… "pellegrini" si compone, e ci ritroviamo tutti insieme all'ostello: Roberto, Elisabeth, Anna, Ida, Rosella, Benedetta, Paola, Giorgio, Evi ed io. Decidiamo un po' gli orari e ho la sensazione che nessuno sappia bene quello che faremo. Un respiro consapevole ogni tanto e mi ritrovo al centro: è tutto o.k. ed i problemi sono solo particolari! Più tardi in pizzeria intorno al tavolo cominciano i dilemmi: vino sì - vino no?!, chi è più buddhista lanci la prima occhiata! Un bicchiere di rosso condiviso con Roberto mi fa sentire meno perfetto e un po' più umano. La mattina seguente, dopo la meditazione, fatta la colazione e la spesa, tutti in fila dietro Paola, in mezzo al traffico, per raggiungere la chiesa della Vittorina, dove incontreremo Enrico, l'amico di Paola che ci guiderà per l'antico sentiero francescano.
Ho percorso solo qualche centinaio di metri con lo zaino e già il suo peso mi indolenzisce le spalle. Mah, speriamo bene?! Dopo qualche spiegazione sulla morfologia dei luoghi, finalmente partiamo. Sono frastornato. Non so cosa cerco: camminiamo per la periferia di Gubbio, solite case col giardino e l'orto, soliti recinti di carpenteria economica. Cerco di tenere il passo, Enrico è partito a razzo. Torno al respiro, sposto l'attenzione alle piante dei piedi, cerco di tornare al centro. Dentro ogni recinto che costeggio c'è un abbaiare di cani. Apro l'attenzione ai suoni; in lontananza rumore di traffico pesante. Una macchina mi sta sorpassando. Mi sposto. Mi colpisce l'abbaiare dei cani. Non trasmette aggressività, sono dei professionisti annoiati che fanno la guardia, con molta dignità, nessuno è di razza speciale. Tutti meticci di taglia piccola. Fanno il loro dovere, ognuno col proprio tono di voce. Sento un pensiero di metta per loro che fanno da coro al mio camminare.
Il gruppo si è un po' diradato, ognuno cerca il proprio passo e un compromesso col peso dello zaino. Continuano le case, asfalto, fabbriche e traffico. Provo a vedere tutto con gli occhi di San.Francesco. Il pensiero di lui accende in me l'aspettativa di esperienze mistiche. Sono sul suo sentiero…. etichetto gli stati mentali: pensiero, fantasia, eccitazione. Torno alle sensazioni del corpo che - comincio a capire - saranno l'ancoraggio più valido per i prossimi giorni.
Inizia una salita molto ripida. La strada è asfaltata e cerco di tenere il passo dei primi. Il battito del cuore si fa più rapido e invadente. Al ricordo che anni fa ho fatto degli accertamenti cardiaci per un'aritmia la situazione peggiora. Sento il viso caldo, il battito del cuore che gonfia le vene sul collo, il respiro diventa affannoso. La situazione si carica. Mi fermo, torno alle sensazioni fisiche, etichetto i pensieri… allungo lo sguardo sul panorama intorno che ancora non è all'altezza delle aspettative. Serenità e pace: è solo stanchezza! Vedo gli amici, qualcuno è più avanti, altri più indietro, tutti in cerca di un equilibrio, tutti alle prese con le proprie aspettative e in balìa dei propri timori, tutti ansiosi di trovare.
Dopo circa tre ore arriviamo provati a una bella casa a mezza costa sulla vallata. Sul piazzale vicino alla strada la proprietaria, amica di Paola, ha lasciato per noi un tavolo apparecchiato con succo di frutta e biscotti. Che bella sensazione ricevere un gesto affettuoso da qualcuno che non si conosce. Cerco di proteggere quel leggero sorriso che sorge nel mio intimo e ringrazio con un pensiero la sconosciuta benefattrice. Mi stendo sul prato, mi preparo un panino e mentre comincio a mangiare vedo la differenza tra l'appetito che ho e l'ansia con cui ho preventivato i miei bisogni di cibo. Ho sicuramente esagerato nella scorta. Mi basta un panino ed il resto è solo peso in più. Un respiro consapevole e anche l'ansia diventa più spaziosa, meno pericolosa, mi sento più libero. Si riparte, i muscoli indolenziti fanno fatica a sciogliersi.
I tre più atletici vanno avanti. Di colpo Paola inciampa e cade. Mentre l'aiuto a rialzarsi sotto il peso dello zaino ho una strana sensazione, non sono solo, stiamo camminando ed è come se fossi caduto anch'io. Da quel momento comincia la sindrome del cane pastore. Probabilmente l'aver allevato due figli mi ha indelebilmente marcato. La strada diventa ghiaiosa e prosegue tra campi coltivati. Roberto, col suo look cittadino, procede con le gambe pesanti. Rosella si trascina, con lo zaino con le cinghie lente sulle spalle, e sempre con lo sguardo cerca Benedetta, sua figlia adolescente, come una femmina di mammifero col suo cucciolo. Benedetta è una nota di freschezza, con le sue gambe lunghe e l'aria curiosa e intelligente. Ha con sé un contapassi e spesso per stabilire una complicità le chiedo ragguagli sull'andatura e lei molto soddisfatta mi rapporta meticolosamente la situazione di passi e km percorsi. Vedo sul viso di Anna una smorfia di dolore. Già dalla mattina aveva condiviso con me la sua preoccupazione per un'anca dolente e al mio: "Come va?" vedo che la tensione sul viso si allenta.
La strada continua in discesa e l'eremo di S. Pietro non è più così distante. Già che ci siamo in quattro deviamo per andare a salutare Etain, un'altra amica di Paola. Sono indolenzito, ma ormai ci sono! Un respiro e… la curiosità vince sulla stanchezza. Arriviamo a una casa di fattura molto particolare, ci viene ad aprire Martin con aria assonnato. Gli abbiamo rovinato la pennica. Mentre siamo nel cortile al centro della costruzione in legno bassa, stretta e lunga su tre lati del cortile, arriva Etain. L'atmosfera è gradevole, alla sua vista provo molto affetto. Il suo portamento da matrona romana, dal petto prorompente e la sua aria contadina un po' trasandata mi rassicura. La generosa ospitalità si esprime con l'offerta sincera di una bevanda calda.
Entro in casa e mi sento come Giuda: "Loro resistono in questo stile di vita 'alternativo', coerente, con i loro ideali". Io appena maggiorenne tentai un approccio del genere e stare qui mi riporta a sensazioni e odori conosciuti. Trovo familiare parlare di pecore e formaggio. Ma la mia fede all'epoca durò pochi anni e tornai ai compromessi cittadini. Stop con la mente giudicante! Serenità e pace. Non ero pronto e la mia strada mi ha portato qui oggi. Senza rimpianti! Un abbraccio affettuoso, la promessa di rivederci e via. Torniamo alla casa sulla strada, ma gli altri sono già partiti. Li ritroviamo fuori dal cancello dell'eremo di S.Pietro in Vigneto. Che bello ritrovarsi! Vicino al campanello c'è un grande pannello con dipinte a chiare lettere le regole dell'eremo. Sveglia alle 4.30, ecc. Arriva ad aprire l'eremita con la barba lunga, i capelli legati dietro la nuca e una tonaca da monaco. Ha un'aria molto austera. Come mi vede mi dice: "Noi già ci conosciamo?" Rimango un po' sorpreso. Che sia un segno?! Che ritrovi un antico passato? Ma..entriamo dal cortile di una costruzione molto ben restaurata. "Qui si mantiene il silenzio", intima l'eremita. I suoi occhi sono molto vispi e mentre ci spiega i dettagli, provo gioia nel sentire il piacere che prova nel parlare con noi. Alle 18.30 dice messa nella chiesetta; c'è molta intimità e condivido con lui, Benedetta e Paola la comunione. Mi sento osservato, "Chissà se sono un buon… praticante?"
A cena, padre Basilio porta in tavola un grosso fiasco di vino, e più tardi viene a sedersi con noi. È una persona particolare, o forse è solo un eremita. È in conflitto con il mondo, che in effetti… Mi trasmette tanta fragilità nascosta dietro la folta barba e i modi burberi. Dopo cena partecipiamo alla 'completa', nella chiesetta al lume delle lampade a petrolio che si riflettono sulle molte icone sistemate con ordine intorno all'altare e che fanno da cornice alle letture e ai canti che padre Basilio recita per noi. Sono un po' spaesato, temo le emozioni stimolate dai luoghi suggestivi. La mia parte superstiziosa è sempre latente e sento rischioso avventurarmi in liturgie amiche dell'età dell'oratorio. Vedo il disagio della mente tra il richiamo alle dolci suggestioni e la pace di un respiro consapevole.
Prima di dormire ci riuniamo in council. C'è una buona energia e anche Benedetta trova il coraggio di esprimere la sua gioia per essere con noi. La mattina dopo si parte. L'atmosfera è cambiata, sento più intimità con gli altri. Le difficoltà fanno da crogiolo. Mi sento molto sensibile. Mi colpisce il sorriso di Elisabeth che è più aperto e sereno. La immagino adolescente ad una caccia al tesoro in Inghilterra. Sembra una bambina!
Spesso torno alle sensazioni del corpo. Serenità e pace. L'attenzione è attratta da un fiore giallo così sgargiante che eccita i sensi. Chissà Francesco? Sentiva lo stesso canto degli uccelli a primavera e i fiori e il profumo del vento?
Il paesaggio diventa meno domestico. Il sentiero si restringe. Diventiamo più silenziosi. La carovana si dirada, siamo più a nostro agio. Ognuno con i propri dolori muscolari e le proprie riflessioni. Sono colpito del mio preoccuparmi troppo per gli altri. Guardo meglio: è come se mi nascondessi dietro il: "Ti serve aiuto?". C'è un moto di compiacimento, qualcosa che mi allontana. Serenità e pace. Un respiro, torno ai dolori delle gambe. Ok, ci sono! "Aiutiamoci, camminiamo insieme". Non c'è più chi è primo e chi è ultimo. Sento gratitudine e affetto per i miei compagni.
Ci fermiamo sulla sponda alta di un fiume e dobbiamo scegliere tra la strada imbrecciata e il sentiero lungo il greto del fiume. Dico o.k. a Roberto per la strada, ma esclamo scherzoso: "Tutte le strade portano al nulla". Già sto seguendo Evi che parte sul sentiero basso. Il gruppo si divide. Procediamo lungo il greto e il paesaggio diventa desertico. La terra argillosa è tutta screpolata, c'è solo qualche arbusto. Sono preso da una sensazione di gelo, un segnale che conosco, sono in allarme. L'odore dell'aria cambia, siamo in una vallata e il cielo si sta gonfiando di pioggia, c'è una forte depressione. Un sottile terrore è in arrivo, "Un attacco di panico". Mi sento fragile e indifeso, come una preda impaurita. Torno alle sensazioni del corpo, mi do una carezza. Tutto va bene, lascia andare. È solo paura. Un passo: "serenità", un altro: "pace". La sensazione sussulta, basta poco per farla ripartire, l'importante è non alimentarla. È solo paura. Lascia andare. Fatichiamo a seguire il sentiero senza impantanarci nel fango. Seguiamo Enrico, la guida, e il gruppo si riunisce.
Sotto una pioggia noiosa consumiamo il pasto al bordo della strada asfaltata. Traffico zero, una diga in lontananza, acqua dal cielo e noi che procediamo disorientati e stanchi. Ida, minuta, con lo zaino in spalla aiuta Anna che si poggia a un bastone. Giorgio ed Enrico sono gli unici che apparentemente reggono. Sono ore di cammino, sparpagliati sull'asfalto. Ogni tanto cerco di tornare al centro. "Alzo destro avanti, abbasso sinistro, alzo avanti, abbasso…", ma le condizioni non ci sono. Chissà Francesco che provava quando era stanco? In lontananza vediamo Valfabbrica, ancora qualche chilometro e ci siamo.
Don Bruno è molto gentile, ci carica sul pulmino e ci risparmia l'ultima salita per arrivare al nostro alloggio. Che delusione! Il ristorante dove speravamo di cenare è andato fallito. Roberto, sconsolato, digiunerebbe volentieri. Per fortuna Don Bruno ci accompagna a fare la spesa e, detto fatto, ognuno dà il meglio che ancora gli è rimasto e poco dopo siamo tutti a tavola. Finita la cena prepariamo il council e discutiamo su cosa fare il giorno dopo. Quattordici chilometri ci separano da Assisi dove alle undici ci incontreremo con Padre Mizzi. I tempi sono stretti e siamo molto provati. C'è aria di frustrazione alla proposta di utilizzare il bus di linea per l'ultima tappa. Ci sentiamo pellegrini di serie B. Condivido la decisione per il bene comune. È più nutriente un compromesso che una vittoria che divide e alimenta orgoglio e presunzione.
La mattina dopo, cappuccino e tutti in fila alla fermata per Assisi. Il bus è pieno di studenti stranieri assonnati. A Perugia cambiamo e dopo poco in lontananza si vede Assisi. Scendiamo sul piazzale. È la prima volta che vengo qui. Comincio ad avanzare, zaino in spalle, sulla strada in salita che porta alla basilica. Gli altri sono davanti, molto presi dai piani per il rientro. Mi sento piccolo, tutto mi sembra grande. Il riverbero del sole sul grande piazzale di pietra chiara colpisce il mio sguardo. Mi sento come un campagnolo che arriva in città. Chissà se pure Francesco si sarebbe sentito piccolo davanti a tanta grandiosità e sfarzo. C'è un moto di avversione verso tutti e verso i turisti che sento blasfemi. Torno al centro, qualcosa si scioglie e provo un sentimento di affetto per tutta quella gente. Li sento molto vicini, siamo tutti spinti da una necessità interiore, anche tra la confusione la domanda è viva. Sento che Francesco mantiene in me viva la domanda e rinnova l'energia per la ricerca. È tutto molto chiaro, sono molto commosso.
Arriviamo puntuali all'incontro con Padre Mizzi che è molto disponibile e, quando confessiamo che l'ultimo tratto abbiamo tradito con il bus, ci racconta tutte le difficoltà stoicamente superate nei suoi pellegrinaggi. Poi ci introduce nel suo studio-museo per mostrarci soddisfatto tutti i riconoscimenti che ha ricevuto per il suo impegno nel dialogo interreligioso. Ci fermiamo per una meditazione che lui ritma con un canto. Formiamo per l'ultima volta il 'cerchio' e, dopo una condivisione doverosa, un grande abbraccio collettivo chiude l'esperienza comune. Tempo pochi minuti e la fretta scioglie il gruppo. Tutti a rincorrere la prima coincidenza. Con Anna prenderemo il bus delle quattro e tre quarti, abbiamo tre ore da perdere e siamo ancora in …pellegrinaggio.
Mi perdo tra le chiese e i vicoli. Parlo con un'anziana signora, ospite della casa di riposo, che frettolosamente, aiutandosi con un bastone, chissà dove sta andando. Sono disponibile ad ascoltare i suoi discorsi ansiosi. Sento empatia perfino per la vigilessa, oppressa dall'elmetto bianco della divisa. Mentre aspettiamo, c'è anche il tempo per godere un bel gelato.
Seduto nel bus, sulla strada di casa, sono frastornato e ripenso a quando sono partito. Mi sembra trascorso un secolo, e poi: quante aspettative! Quasi niente è andato come pensavo. Niente paesaggi umbri mozzafiato, niente tramonti o albe suggestive, niente segni divini o esperienze mistiche da riporre tra i ricordi trofeo. Solo la sensazione di aver vissuto questi giorni nel modo giusto, con dei compagni di viaggio con cui ho condiviso un'esperienza intima molto speciale e molto ordinaria al tempo stesso. Sento un legame sottile che ci ha uniti e sostenuti. Sento di aver preparato il terreno e seminato qualche cosa di giusto, se ci saranno frutti… serenità e pace per tutti gli esseri.