Irlanda del nord:il lato opposto della vendetta

Intervista con Paul Haller


Paul Haller ha praticato meditazione buddhista per oltre trent'anni, all'inizio come monaco theravada in Thailandia. Nel 1980 ha ricevuto l'ordinazione al Centro Zen di San Francisco dove attualmente è uno degli insegnanti senior. La sua pratica è indirizzata a integrare la spiritualità con l'impegno per la pace e il lavoro sociale nelle prigioni e negli hospice.


D: Cominciamo col parlare di come vanno oggi le cose in Irlanda del nord.
Paul Haller: Sono sia migliorate sia peggiorate. Come per la Palestina. Sono in atto negoziazioni attive come attivo è il conflitto, la violenza e l'aggressione. La gente ha imparato a far fronte a entrambe le cose insieme. Imparano a negoziare con persone a cui in un altro contesto si oppongono con aggressività. Questa situazione si è andata creando fin dall'accordo di pace del 1995. I gruppi paramilitari che sono d'accordo con la sospensione delle ostilità hanno un sistema coesivo di comando e così hanno tenuto più o meno fede agli accordi, a parte alcune infrazioni. Ma ciò che sta accadendo è che è subentrato un elemento del tutto nuovo: la violenza di strada, che sta creando maggior settarismo. Viene alimentata da ragazzi di diciott'anni che non hanno mai conosciuto altro che la guerra civile. Sono al di fuori di tutto e vengono usati per scopi politici dalle diverse fazioni dei duri tra i paramilitari. Il centro città oggi è ancora più ghettizzato in termini di cattolici e protestanti.

D: Come è nato il tuo coinvolgimento con l'Irlanda del nord?
R: Mi recai in Irlanda tre anni fa, in stretta collaborazione con il Peacemaker Order di Bernie Glassman. Sono nato e cresciuto in nord Irlanda, ma non avevo mai pensato di lavorare lì, finché non me lo suggerì un mio caro amico, Michael O'Keefe, che è membro del Peacemaker Order ed è stato studente di Maezumi Roshi. È stato lui a stimolare la mia scelta. Non vivevo a Belfast da almeno trent'anni, ma la mia famiglia era ancora lì. La mia idea originale era molto più convenzionale: andare lì a creare un centro Zen e fare zazen. L'approccio che abbiamo seguito è stata un'idea di Michael.

D: Ossia?
R: Abbiamo fatto diverse cose. Prima di tutto, abbiamo organizzato un primo ritiro a St. Clement a Belfast, con circa trenta partecipanti. Con quel gruppo, abbiamo fatto diverse esperienze. Abbiamo praticato la meditazione camminata in Falls Road (un ghetto cattolico), osservando i murali lungo la strada che riguardano anche delle descrizioni grafiche del conflitto. Siamo poi passati in Hankill Road (un vicino ghetto protestante) e abbiamo osservato i murales che c'erano lì.
Volevamo accogliere l'atmosfera di violenza con un silenzio meditativo.
Un altro momento importante fu un dialogo che organizzammo con nazionalisti e lealisti: entrambi avevano sperimentato la violenza e noi gli chiedemmo di parlare della sofferenza che ciascuno di loro aveva sofferto. Il resto di noi portava testimonianza. Il dialogo fu straordinario, ascoltare qualcuno dire: "Il mio liceo è saltato in aria cinque volte." oppure qualcun altro raccontare di essersi trovato una volta dentro casa con una pistola e con la madre dietro di lui, pronta a vivere o a morire, mentre da fuori battevano sulla porta.

D: Ho sentito dire che circa metà della popolazione del nord Irlanda ha avuto qualcuno di caro ucciso o ferito dalla violenza.
R: Sì. Un mio parente è stato ucciso. Qualcuno ha sfondato a calci la porta e gli ha sparato mentre guardava la TV seduto sul divano col figlio. A uno dei partecipanti al nostro gruppo di dialogo sulla violenza e la sofferenza è stata presa a sassate la macchina proprio mentre lasciava l'incontro.

D: Che impatto avete avuto?
R: C'è stata una certa attenzione locale, la BBC ha fatto una radiocronaca locale e ne ha parlato un giornale, entrambi i servizi erano molto rispettosi. Ma fin dall'inizio, abbiamo cercato di cambiare metodo, di fare qualcosa che raggiungesse l'intera comunità. Abbiamo costituito un comitato consultivo che comprendesse diversi punti di vista. Abbiamo incontrato tutti i politici, tutti: da Lord Mayor del Sinn Fein a David Irvine, che ha costituito il PUP (Progressive Unionist Party) e alcuni della linea dura dei leader paramilitari. Essenzialmente ci siamo impegnati a creare delle relazioni e a imparare quale dovrebbe essere un modo efficace di offrire qualcosa alla comunità.
Non vogliamo offrire niente senza il sostegno locale e dunque gran parte di quel che facciamo ora consiste nel costruire questo sostegno e nel creare credibilità.
Siamo ancora in piena fase di apprendimento. Negli ultimi vent'anni l'Irlanda del nord ha sperimentato un sacco di gruppi provenienti da ogni dove: arrivavano, portavano qualcosa di meraviglioso e se ne andavano. È necessario invece creare una relazione continuativa che possa fornire una maturazione della pratica.
Abbiamo iniziato un gruppo di meditazione a Belfast, e ora uno a Lyme. Abbiamo creato anche un cerchio di council di persone con diversi punti di vista. Abbiamo in programma alcune iniziative col Sinn Fein (il partito nazionalista alleato con l'illegale Irish Repubblican Army), che è molto ben organizzato e cercheremo di organizzare qualcosa con i Progressive Unionists della fazione opposta.

D: Com'è stato lavorare con i leader unionisti protestanti?
R: Ho avuto uno scambio intenso con il leader del PUP, David Irvine. David era un paramilitare, attivo, violento, che si rendeva conto di aver ucciso molta gente. Aveva avuto una lunga condanna e poi era stato liberato nell'amnistia generale quando fu firmato l'accordo di pace. Ma la cosa interessante è che durante la prigionia iniziò un processo di trasformazione. Cominciò una ricerca interiore e divenne un peacemaker. Questo non vuol dire che sia un santo, ma uscito di prigione creò il Progressive Unionist Party. Sostiene la pace e cerca un nuovo modo di fare le cose. Si pone delle domande come: "Cosa possono fare gli Unionisti per creare una politica progressista?" E penso che sia proprio questa la cosa da fare.
Quando lo incontrai, era appena tornato da un periodo passato con le Tigri Tamil in Sri Lanka, aveva lavorato con loro per prepararli a negoziare per la pace.
Ciò che mi colpisce nella sua vicenda è che ha vissuto questo processo in prigione, dove lui e un altro leader unionista si chiedevano a vicenda: "Cos'è importante nella vita?" e questo scambio ha creato un varco, un'apertura.

D: Come gli hai parlato di quello che lo Zen ha da offrire in questa situazione?
R: Gli ho detto che lo Zen crea un processo che matura la stessa investigazione da cui anche lui era passato in prigione e sviluppa una certa abilità di predisporre il corpo e la mente per potersi impegnare in questo processo. Inoltre, lo Zen ha sviluppato un modo per alleviare la tensione delle preoccupazioni e l'angoscia che la nostra sofferenza quotidiana crea. Mi sono offerto di elaborare un programma che offra questa abilità in modo accessibile a persone diverse. Questa è stata la nostra offerta.

D: E ha accettato di lavorare con te?
R: Sì, il braccio destro di Irvine è ora un membro del nostro council. Vogliamo che questo gruppo sia così diverso da non poter essere etichettato come i North Belfast Loyalist o gli East Belfast Republicans. Perché una volta etichettato, un certo gruppo di persone sarà con te e nessun altro ti parlerà più. Perciò il progetto è di avere una persona credibile da tutte le fazioni, riunirle insieme e incontrarsi un paio di volte al mese, e la meditazione fa parte dell'incontro. Pensiamo che questo sia il modo per creare un forum che duri nel tempo. I partecipanti ci insegneranno cosa fare e come fare perché funzioni.

D: Sei visto come un eccentrico, uno di Belfast nato cattolico che è ora un monaco Zen. Le persone devono superare l'esoticità per ascoltarti?
R: Penso che abbiamo acquisito un'accoglienza positiva e rispettosa. Sono stato rincuorato e incoraggiato. Ho parlato con Lord Mayor e anche lui mi ha incoraggiato, c'è molto sostegno.

D: È interessante, perché si pensa alla religiosità e al pregiudizio religioso dell'Irlanda del nord come al più forte di qualsiasi altra parte d'Europa.
R: Sono d'accordissimo. Ma doversi sedere e parlare con il nemico è meraviglioso. Le persone qui sanno che se non possono far funzionare il sistema politico, il potere in Irlanda del nord tornerà a Westminster, e nessuno lo vuole. Vogliono il potere nelle loro mani. Dunque, devono sedersi con persone con cui hanno una grande diversità ideologica, persone contro cui hanno combattuto con la violenza. Lo trovo coinvolgente e penso che le persone che accettano di farlo siano ricettive.

D: Ti sei scelto una grande sfida: arrivare da fuori, eppure adattarsi e non apparire come uno che arriva dall'esterno con la soluzione in tasca.
R: Sì, chiunque può riunire trenta persone che la pensano allo stesso modo e organizzare un ritiro ricco di ispirazioni. Ma, a fine ritiro, qualcuno, mentre te ne vai, ti prende a sassate l'auto. Cosa fai? È necessario comprendere la complessità della situazione, perché sarebbe assurdo se noi arrivassimo a passo di carica su un cavallo bianco con la semplice idea di cosa fare per migliorare le cose. Sarà un lungo, lunghissimo processo di apprendimento. Nel frattempo, possiamo offrire sedute di meditazione e seminari, possiamo uscire e incontrare le persone. E continuiamo a imparare. È molto importante per quello che stiamo cercando di fare. La sfida è enorme. Parlavo con un uomo che aveva lavorato in un'area desolata piena di pub, un luogo carico di estrema violenza, e lui diceva che il fenomeno più recente era quello di prendere a calci le persone fino a ucciderle. L'odio espresso da questo gesto è raggelante. Come raggiungi un gruppo di persone che può prendere a calci fino a uccidere?

D: Dove ci sono problemi primari, come la casa e il lavoro, puoi affrontarli con delle soluzioni, politiche o finanziarie o di qualsiasi genere. Ma cosa resta dopo venti o trent'anni di conflitto? Quanto del conflitto di oggi deriva da un odio primario e residuo?
R: Esattamente. E si torna così al fondamento della pratica buddhista: dukkha, la sofferenza, e la sua causa. Si torna a questo. Ma non ti metti a riunire la gente perché ascolti un discorso di Dharma. Non vogliono ascoltare belle citazioni dal canone pali. Non significherebbe assolutamente niente per loro. È come un imbarazzante koan: come ti rapporti con tutto questo? Le cose vanno peggio che mai. I ragazzini sono completamente selvaggi, sono dei barbari.

D: Ma, come dici tu, sedersi e portare testimonianza è lasciare che la violenza bruci fino a bucarti il cuore. È davvero un koan scottante.
R: È pratica di bodhicitta. È ascoltare le urla del mondo. Fa male, perché non c'è una risposta chiara. Non puoi uscire e andare a dirgli cosa devono fare. La situazione richiede che tu entri con cuore e mente aperti e che tu sieda nel mezzo di tutto questo e chieda cos'è.

D: C'è un crescente senso di disperazione e rassegnazione?
R: Penseresti di sì, no? Ma gli irlandesi sono tenaci, nel bene e nel male. E cos'altro potrebbero fare? Quando i loro ragazzi stanno fuori, notte dopo notte, a lanciarsi sassi, non possono permettersi di dirsi: "Beh, scordiamocelo. Lasciamo perdere." No, devono scendere e riprovarci.

D: Molti credono che l'estrema religiosità dell'irlandese, sia cattolico che protestante, sia stata la causa principale del conflitto. Può essere anche una potenziale fonte di soluzione?
R: Béh, se intendiamo la religiosità come universale bontà della spiritualità, allora è certamente una fonte di soluzioni. Ma se significa un'ortodossia gerarchica che si occupa di preservare se stessa contro i nemici, allora non lo è affatto. Per chi è cresciuto, come me, nel cattolicesimo irlandese, la chiesa, nonostante tutti i suoi errori, ha rappresentato un luogo di grande fede. La mancanza di essa nell'ambiente attuale ha lasciato un grande vuoto, un luogo di diffusa disillusione.
È interessante, perché San Patrick introdusse in Irlanda la chiesa gerarchica. Ma esisteva già la chiesa monastica, con il suo ordine monastico e la sua adesione alle Bremen Laws, che era un sistema molto più compassionevole. E ora questo genere di cattolicesimo celtico, in contrasto col gerarchico cattolicesimo romano, si sta di nuovo infiltrando. Ero presente all'ultimo solstizio estivo e c'era una solenne novena di nove giorni e la chiesa era stipata: 15.000 persone ogni giorno. È un genere di pratica di fede opposta alla pratica gerarchica.
Quando penso alla spiritualità e a cosa lo Zen abbia da offrire, la pratica della fede occupa un posto importante nel mio cuore. Amo l'Irlanda come paese spirituale. Penso che se gli irlandesi scopriranno lo Zen, il mondo dovrà stare all'erta. Tra cinquant'anni sforneranno missionari Zen!

D: Vorrei concludere l'intervista con una breve citazione da una poesia di Seamus Heaney "La guarigione di Troia" e chiederti di commentarla:

La storia dice di non nutrire speranze
da questo lato della fossa.
Ma, una volta nella vita,
la tanto attesa ondata
della giustizia può levarsi
e speranza e storia far rima.
Spera dunque in un grande mutamento
dal lato opposto della vendetta.
Abbi fiducia che un maggior guadagno
è qui raggiungibile.
Credi nei miracoli,
nei rimedi e nelle fonti di guarigione.

È ora per l'Irlanda del nord che speranza e storia facciano rima?
R: Questa speranza mi tocca il cuore e mi riempie gli occhi di lacrime. Quando cominciai a tornare in Irlanda, era molto duro vedere la mia patria preda dell'odio. È un paradosso sconcertante per me, perché gli irlandesi sono brave persone, con un buon senso dell'umorismo e cordialità. E, ah, che tristezza! La sensazione di avere il cuore a pezzi mi faceva scuotere la testa e chiedere: "Come può essere?" E poi ho compreso che questo è il mondo. È per questo che pratichiamo. Questo fa parte del mondo. Per me si tratta del voto del bodhisattva: "È impossibile e faccio voto di farlo."

da Turning Wheel, Inverno 2002/03
Traduzione di Chandra Candiani