PACE AD AUSCHWITZ
di Jessica Rasp
La notte che precedette
la mia partenza per il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau sognai
per la prima volta gli avvenimenti dell'11 settembre. Era un sogno così
vivido, così agghiacciante che mi svegliai tremante. Non era una replica
dell'evento realmente accaduto ma lo stesso che si ripeteva in modo identico.
Le torri erano state ricostruite ed io ero testimone proprio mentre, a breve
intervallo, un altro aereo si schiantava contro l'edificio. Era l'orrore. Non
ancora! Non di nuovo! Sapevo che quel sogno racchiudeva qualche significato.
Sembrava molto più di una coincidenza che l'avessi fatto poche ore prima
che mi "immergessi" nell'esperienza di Auschwitz. Gli eventi dell'11
settembre, le torri che cadevano mi risucchiavano in una spirale verso un percorso
di autoscoperta, di spiritualità, di terapia, di realizzazioni profonde,
di pace. Andai in pezzi esattamente come fecero quelle torri per ricominciare
da capo. Reagii decidendo di portare testimonianza (1) alla sofferenza
di Auschwitz così come feci a New York e in Vietnam.
Prima di procedere raccontando i dettagli del ritiro desidero dire: "Grazie,
Gracias, Dziekuye". Col vostro supporto e quello della mia comunità
sono riuscita a mettere insieme la cifra necessaria per questa esperienza. Desidero
esprimervi la mia più profonda gratitudine per avermi aiutato ad essere
parte di un altro processo di costruzione di pace.
Partii la sera del 1 di novembre, volai da New York a Varsavia e giunsi a Cracovia,
in Polonia, la sera del 2 novembre. La Polonia è la nona nazione europea
in termini di grandezza e conta una popolazione di 39 milioni di abitanti. Situata
in Europa Centrale, la Polonia confina con Germania, Russia, Lituania, Bielorussia,
Ucraina, Slovacchia e Repubblica Ceca. Negli anni tra il 1939 ed il 1945 la
popolazione polacca subì un decremento del 25%, la perdita più
ingente sofferta tra tutte le nazioni coinvolte nella Seconda Guerra Mondiale.
Durante il conflitto Varsavia, la capitale, fu quasi totalmente distrutta.
Cracovia, un luogo magico, è la terza città della Polonia ed è
situata a meno di due ore da Auschwitz-Birchenau. Questo è un dato significativo
perché, a dispetto della sua vicinanza con il più importante campo
di sterminio, Cracovia non subì quasi alcun danno a causa dei bombardamenti.
La leggenda vuole che Buddha vi si fosse recato e che Cracovia rappresenti uno
dei sette chakra (punti di consapevolezza) del pianeta terra. Oltre che essere
la capitale culturale e spirituale della Polonia, questa città ospita
innumerevoli cantine-caffè intimi e gradevoli, jazz club, e favolosi
ristoranti.
Quella che segue è una citazione tratta dal libro di Bernie Glassman
"Testimoniare" (Ubaldini Editore, 1999) sulla ragione per cui la Peacemaker
Community tiene ritiri ad Auschwitz-Birchenau.
"Hitler e la Germania nazista erano determinati a soffocare ogni tipo di
differenza. Avevano divinizzato una razza ed una cultura, dichiarando tutte
le altre inferiori, e selezionato alcune di queste da destinare allo sterminio.
Il mio intento era di portare persone appartenenti a differenti tradizioni religiose,
nazionalità, molto diverse tra loro proprio nel posto dove la diversità
un tempo era stata condannata ad essere mortalmente eliminata. Lì avremmo
portato testimonianza alle nostre diversità e scoperto il vasto numero
di similitudini che accomuna gli esseri umani."
Dopo due giorni
a Cracovia presi un autobus fino alla sonnecchiante cittadina rurale di Osweicim,
nel cui territorio si trova il campo Auschwitz-Birchenau. Qui mi unii ai novantatre
peacemaker provenienti da tredici differenti nazioni per partecipare al settimo
ritiro Portare Testimonianza ad Auschwitz-Birchenau. Quella mattina, prima di
partire, avevamo visitato Kazimiers, il vecchio quartiere ebraico di Cracovia
dove, prima della Seconda Guerra Mondiale vivevano circa settantamila ebrei
che furono quasi tutti uccisi. Attualmente a Kazimiers vivono soltanto centottanta
ebrei. Questa fu la mia prima occhiata sull'enorme intento distruttivo dell'Olocausto.
È ben triste constatare che a Kazimiers ci sono più sinagoghe
che persone che possano recarvisi a pregare.
Tra gli innumerevoli campi dove si perpetuò lo sterminio nazista, Auschwitz-Birchenau
era il più grande ed "efficiente". Auschwitz I è il
campo originario, minore per dimensioni, dove si trova la famosa scritta "Arbeit
Macht Frei" (Il lavoro rende liberi) posta sopra il cancello d'ingresso.
Birkenau (anche conosciuto come Auschwitz II) fu costruito più tardi
durante la guerra ed è il luogo dove furono perpetuati la maggior parte
degli eccidi. Si stima che ad Auschwitz furono uccise tra un milione e centomila
ed un milione e mezzo di persone (il 90% delle quali di origine ebraica) (2).
Migliaia furono anche le persone che ad Auschwitz patirono orrori impensabili.
In totale nei due
campi ci fermammo per sei giorni (alcuni restarono una settimana in più),
un periodo di tempo sufficiente per portare vera testimonianza alla sofferenza
degli spiriti del campo e alla sofferenza di ciascuno di noi. Durante i ritiri
precedenti le persone avevano dormito nel museo e per terra nelle baracche,
noi invece pernottammo all'ostello Internazionale della Gioventù di Auschwitz
(situato a cinque minuti dal campo). Trascorremmo il nostro primo giorno al
campo come turisti. Guardammo un video, facemmo una visita guidata al museo
e ai campi, ascoltando il racconto delle infinite atrocità commesse.
Sfortunatamente, moltissime persone giungono ad Auschwitz per un periodo molto
breve e hanno solo il tempo di intuire il lato oscuro ed orribile di questo
luogo. Come molti altri partecipanti, io ho invece avuto la fortuna di sperimentare
e percepire l'incredibile potere e l'aspetto curativo di Auschwitz.
La Peacemaker Community aveva scelto volutamente di tenere il ritiro a novembre
in modo che i partecipanti fossero realmente in grado di portare testimonianza
al freddo (mentre giugno in Polonia è un mese bellissimo e febbraio terribilmente
freddo, novembre ha un clima a metà tra i due). Passavamo sei, otto ore
al giorno all'aperto nei campi, e nonostante indossassimo più strati
di biancheria e indumenti da sci eravamo sempre ghiacciati. Potevamo soltanto
provare ad immaginare cosa avessero dovuto sopportare i prigionieri obbligati
a stare nudi all'aperto, in febbraio, per dodici, quindici ore aspettando di
scoprire se quel giorno sarebbero stati eliminati.
Noi rimanevamo seduti al freddo pieni di gioia.
Le nostre attività quotidiane erano semplici e intense. Pregavamo. Meditavamo.
Recitavamo i nomi di coloro che erano stati uccisi. Leggevamo il Kaddish nelle
camere a gas. Officiavamo secondo le tradizioni cristiana, buddhista, ebraica
e musulmana. Piangevamo. Condividevamo. Guarivamo un po'. Offrivamo un po' di
pace alle anime di Auschwitz. Ricevevamo un po' di pace dalle anime di Auschwitz.
Eravamo onorati di avere tra noi Mariana Kolodzieja, un meraviglioso artista
sopravvissuto di Auschwitz, e molte altre persone partecipanti al ritiro che
in quel campo avevano perso dei familiari. Eravamo anche onorati di essere in
compagnia di molti tedeschi che esprimevano la particolare sofferenza del loro
popolo, un sentimento di vergogna e di colpa.
I tre gruppi (di persone viventi) cui portammo testimonianza furono gli ebrei,
i polacchi e i tedeschi riconoscendo sempre la storia e la sofferenza specifica
di ognuno di questi gruppi. La Peacemaker Community enfatizza l'esperienza del
riunirsi per ascoltare tutte le perdute, mute e dimenticate voci delle vittime,
così come le voci dei carnefici dell'Olocausto (questo è un atto
davvero difficile da compiere). Un tema portante del ritiro era la comprensione
che tutti noi siamo allo stesso tempo vittime e carnefici. I nazisti commisero
delitti diabolici ma non erano il diavolo. Le loro azioni venivano da un luogo
di profonda sofferenza. Le vittime spesso diventano carnefici. Questa non è
una giustificazione ma un tentativo di capire più in profondità
la natura della sofferenza.
L'intento del ritiro era di portare testimonianza alla sofferenza di coloro
che persero la vita ad Auschwitz, così come a quella di coloro che sono
vivi e alla nostra stessa sofferenza. I partecipanti a questo ritiro erano persone
eccezionali con talenti straordinari e doni che amorevolmente offrono al mondo.
Le professioni dei partecipanti erano le più svariate: c'erano dottori,
musicisti, religiosi appartenenti a fedi differenti, terapeuti, artisti, insegnanti
e così via. Una delle persone che sentivo più vicina era la mia
compagna di stanza Hagit Lifshitz, una peacemaker israeliana che lavora come
mediatrice per la risoluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi. Suo
padre era di Cracovia e molti suoi parenti avevano perso la vita proprio ad
Auschwitz. Per me Hagit fu fonte di vera ispirazione, una risorsa di saggezza
e compassione.
Molti dei partecipanti al ritiro erano anche sopravvissuti a terribili tragedie
personali. Nel nostro gruppo di Council praticavamo l'ascolto profondo ed il
parlare con compassione per aiutarci vicendevolmente a guarire. Molte persone
sono venute più volte ad Auschwitz per continuare la propria opera di
guarigione e trasformazione, così come anch'io ho in progetto di fare.
Non tutti si sentono chiamati o ispirati a recarsi in luoghi di grande sofferenza
per compiere questo lavoro. Ci sono molti modi per guarire che si adattano alle
persone in maniera differente. Comunque se avrete mai il sentore che questa
è un'esperienza che desiderate fare vi incoraggio ad "immergervi"
con tutto voi stessi.
Concludemmo la nostra settimana ad Auschwitz ed il nostro lavoro spirituale
ed emotivo con la celebrazione dello Shabbat. Si tratta di una bellissima tradizione
ebraica in cui si dà il benvenuto allo Shabbat, che rappresenta il momento
in cui si devono lasciare le preoccupazioni e la sofferenza fuori dalla porta
e divertirsi serenamente. Vivemmo la celebrazione con grande gioia e non mancarono
ottimo cibo, vino, musica e danze. La nostra comunità di peacemaker ritenne
che era necessario onorare le vittime, celebrando anche la parte meravigliosa
dello spirito umano con una bella festa ebraica. Parteciparono cento persone
in carne ed ossa e migliaia in spirito.
Allegata a questa lettera c'è una fotografia, un regalo di apprezzamento
per voi, dalla Polonia. Mostra la famosa immagine dei binari di Birkenau, lì
dove la gente veniva fatta scendere e condotta alla morte. In primo piano si
vede la bellissima mala, che ho costruito e indossato ogni giorno del
ritiro. Ogni seme rappresenta ciascuna delle persone nella mia comunità
di peacemaker che hanno offerto il loro aiuto e il desiderio di portare testimonianza
in nome di qualcuno ad Auschwitz insieme a me.
Vorrei iniziare una collezione internazionale di regali portando un ricordo
da ogni paese che visiterò durante le mie future missioni di peacemaker.
In pace,
Jessica Rasp
(1) Portare testimonianza è uno dei tre principi che sono alla base del lavoro della Peacemaker Community. Significa calarsi completamente in un problema, in una situazione, nello stato d'animo di chi ci sta davanti con l'atteggiamento di ascolto vero e profondo. Tanto profondo, attento e aperto da dimenticarci di noi stessi nel senso di identità precostituita e diventare letteralmente quel problema, quella situazione con cuore aperto e in ascolto. Diventare quindi, profondamente e senza pregiudizi, testimoni e, allo stesso tempo, testimonianza di qualcosa.
(2) È estremamente importante menzionare il fatto che molti polacchi, prigionieri di guerra sovietici, omosessuali, comunisti, zingari, portatori di handicap, prigionieri di guerra neri americani e molti altri furono uccisi dai nazisti.