RITIRO IN UN MATTATOIO

di Amelie Haffer-Penther


Lo scorso aprile, dal 21 al 25, la Peacemaker Community tedesca ha promosso un ritiro per portare testimonianza alla realtà di un mattatoio nella cittadina di Wachtendonk. Quello che segue è il racconto di una delle partecipanti.

Domenica
Subito, appena si entra a Wachtendonk, si trova il mattatoio. Sento salire in me una sensazione di paura fredda che mi attanaglia per quel che mi aspetta nei prossimi giorni.
Arrivo in un idillio profondamente tedesco: domenica pomeriggio, sole, gitanti, caffè e torta, ampi campi verdi e un piccolo paesino sotto tutela delle belle arti, dove sicuramente ogni giorno viene spazzato il selciato davanti alla facciata originale restaurata, e una fontana zampillante.
Il piccolo gruppo di 4 persone - su 1.100 inviti mandati per questo ritiro - rispecchia esattamente il senso di estraneità che ho incontrato tra i miei conoscenti quando ho annunciato la mia intenzione di partecipare al ritiro. "Sarà sicuramente un mattatoio fuori uso…"- così come la parola "mattatoio" su internet viene usata prevalentemente in rapporto con centri culturali nati nei mattatoi fuori uso.
Non è un caso.
Così come la presenza evidente ogni giorno della carne è in chiaro contrasto con l'apparente totale assenza di queste istituzioni di uccisione.

Lunedì
Il primo incontro con gli animali ha luogo il secondo giorno in una fattoria, presso gli allevatori di maiali. Veniamo accolti calorosamente con caffè e una torta appena fatta e una grande apertura, con la possibilità di fare tante tante domande. Durante il giro dettagliato della fattoria vediamo i maiali in tutti gli stadi della loro vita: da quelli di 1 settimana che poppano sotto la scrofa fino ai maiali di 6-7 mesi pronti per la macellazione. Singolare come uso questo vocabolario in modo non giudicante e neutro. Apprendo che i maiali sani, che hanno sufficienti sfoghi, come luce naturale e spazio per muoversi, non rosicano cannibalisticamente la coda dei loro compagni di stalla, come di solito succede lì dove mancano stimoli e dove perciò le code a riccio vengono cautelativamente tagliate. Vedere un maiale con la coda dunque è un indicatore di qualità.
Per la nostra seduta di meditazione, il contadino mette nella stalla dei maiali una sedia per una partecipante un po' più anziana e srotola un tappeto. È un'ospitalità toccante, considerando quanto debba sembrare strano a questa famiglia contadina il nostro voler rimanere in un ambiente per loro tanto famigliare, e con un odore un po' forte per meditare.

Anche il giorno successivo la fattoria con le sue stalle e i suoi 900 maiali rimane per me un luogo che collego all'armonia, alla pace, all'idillio e al rispetto.
Facciamo la spola fra i due posti: da una parte la fattoria con i maiali in un ambiente naturale e, quasi diametralmente al lato opposto del paese, in una piccola zona industriale, il mattatoio della ditta Thoenes, con il suo motto pubblicitario: "Curiamo l'originale", e in mezzo ai due, nel centro del paese, il nostro alloggio, il tutto raggiungibile a piedi.
Nel pomeriggio siamo nel mattatoio dove il responsabile della ditta, persona gentile e con lo sguardo aperto, ce lo fa visitare per alcune ore, rispondendo con pazienza e calore alle nostre tante domande. Anche qui, stranamente, osservo come dentro di me si crei uno spazio, mentre ascolto le spiegazioni sulle diverse tecniche impiegate nel mattatoio. Quasi come un riprendere fiato, mi viene da pensare : "Ah, allora non è così terribile. No - piuttosto una 'Wellness-Farm' per animali - con molte attenzioni e rispetto."
Un brandello di carne dimenticato dalla squadra addetta alla pulizia dopo la macellazione è rimasto attaccato a uno dei tanti ganci del rullo trasportatore del soffitto, sparsa qua e là una goccia di sangue e un odore penetrante misto animale-prodotto disinfettante, si aprono come piccoli squarci su un'altra, crudele realtà.
Durante alcune tappe del giro sento riaffiorare una sensazione di dolore e spavento, ad esempio nel reparto per l'uccisione dei bovini, poi davanti a una buca d'acciaio nella parete dove viene eliminata la pelle. Per un attimo è pungente, ma poi la sento riaffondare davanti alle successive gentili e precise spiegazioni sul funzionamento razionale delle singole fasi della lavorazione.

Proseguendo il giro, faccio conoscenza con la nicchia per l'uccisione degli agnelli e apprendo - sempre camminando - che ciascun animale - sia suino, bovino, agnello o uccello- lascia un proprio odore, anche se non vedo altro che apparecchiature umide, spruzzate per pulizia.
L'impressione sulla straordinaria ingegnosità e la capacità tecnologica, viene esasperata dal processo della macellazione dei pennuti, anche se non lo vedo in azione. Qui tacchini, polli e oche vengono decapitati senza l'intervento dell'uomo, da un disco-coltello rotante. Dopo l'uccisione resta un bacino d'acqua pieno di teste d'uccello per elettrocuzione.
La notte non posso dormire - vedo davanti a me soprattutto il marchingegno altamente tecnicizzato impiegato per l'uccisione degli uccelli. Vedo come degli uccelli svolazzanti, appesi a testa in giù, verso il bacino micidiale…
Mi ricordo quando ho toccato una mezza carcassa di maiale nella cella refrigerante e sento la solidità del mio corpo e dei corpi appesi in quei macchinari - maiali, bovini - e mi sento scossa nel profondo.
Faccio un'associazione ed equiparo il potenziale dei macchinari per i mattatoi alla capacità di concepire un campo di concentramento.

La visione idilliaca si sgretola.
Non riesco più a mantenere la stima per il buon trattamento offerto agli animali: ora mi appare come un tradimento ancora più grande.

"Chi fa l'incisione a croce nelle arterie coronarie del maiale anestetizzato con l'elettroshock, raccoglie poi con un tubo direttamente il sangue che sgorga. Va subito raffreddato - per il sanguinaccio".
"Dopo i primi 40 maiali tutto il sangue verrà eliminato".
Molte spiegazioni riecheggiano dentro di me, il mio spazio interiore è inquieto, scuro e pieno in modo indigesto.

Martedì
Il 3° giorno comincia di nuovo nella fattoria, scacciando l'orrore della notte, tra animali vivi, pulsanti e gente gentile. Meditiamo e parliamo.
Pomeriggio nel mattatoio
Prima dell'arrivo degli animali da macellare, che hanno passato la notte prima della macellazione - definito come "tempo di acclimatizzazione stabilito in base alla specie" - in una apposita stalla, possiamo restare per un po' in una stanza accanto alla rampa d'avviamento.
Al contrario degli spazi per la macellazione che sono molto puliti e disinfettati, gli spazi per i lavoratori sono diversi: anche qui tutto è molto funzionale, ma spoglio, sporco, con macchie di sangue secco, e senza nemmeno uno specchio nei bagni, almeno in quelli che ho potuto vedere.
Perché mai uno si dovrebbe guardare?

Attendendo gli animali
Mentre meditiamo e recitiamo i nostri canti, si fa via via più sensibile la spietatezza del luogo. Sul surgelatore, nel quale si trova solo un secchio di sangue surgelato, brucia l'incenso, sta seduto il Buddha e noi accanto che portiamo testimonianza.
Poi col primo trasporto di maiali emergono le prime incongruenze:
maiali senza coda,
terribili lotte per il posto e la paura,
strilli e ressa.

L'atmosfera attorno a questi animali è impregnata di paura, insicurezza e sofferenza.
Un altro fornitore di maiali tratta i suoi animali gentilmente e loro lo seguono rilassati e fiduciosi. In continuazione arrivano altri maiali, in tutto circa140.

Durante la notte vengono bagnati per calmarli, perché sono a digiuno da 24 o 36 ore, "come prima di un'operazione" ci spiegano. E inoltre l'acqua conduce meglio la scarica elettrica che riceveranno la mattina...
Sento dentro di me il desiderio di passare la notte con questi animali, ma questo farebbe naturalmente saltare la già tollerante cornice in cui ci troviamo.
Così rimango anche la sera con i maiali nella fattoria, ovviamente previo accordo con l'allevatore.

Mercoledì
La mattina alle 5 e 30 nel grigiore mattutino andiamo al mattatoio.
Vado incontro a quegli esseri viventi la cui morte ho ottusamente incorporato senza mai pensarci, per la mia ingordigia, il mio odio e la mia ignoranza.
Ora capisco veramente queste parole recitate tante volte.
All'arrivo, anche qui trasparenza: abiti protettivi trasparenti da indossare prima di passare dalla zona cosiddetta pura in quella impura, e cioè dalle mezze carcasse timbrate alla "stalla d'attesa" dove sono i maiali ancora vivi.

Dentro la macellazione
È come un'apocalisse.
Fumi vibranti al soffitto, le carcasse fumano.
Dappertutto mezzi maiali che ancora si muovono, sanguinanti, gocciolanti...
Su una pedana degli uomini con dei coltelli tagliano i corpi degli animali, li strappano, li buttano e ci guardano dall'alto.
Sono in un altro mondo, un inferno.
Quanto resisterò qua dentro?
Alzo lo sguardo verso gli uomini, li scruto per trovare l'umanità piuttosto che degli automi ben rodati.
Il maiale viene segato in due metà. Il resto delle interiora e la lingua che penzola dal muso vengono strappati e buttati dentro dei carrelli.
Il maiale viene aperto e un uomo toglie gli intestini che gli riempiono le braccia e li butta nel carrello.
Dalle orbite degli animali cola il sangue, una scia di sangue sotto il rullo trasportatore, lacrime di sangue sul pavimento.
Poi, al di là delle scanalature colme di sangue, tra maiali sanguinanti, un nuovo squarcio: due uomini girano un corpo di maiale. Il corpo dell'animale somiglia nella sua consistenza e nel colore della pelle a un corpo umano; potrebbe essere quasi il corpo di un bambino. Questo lampo di fantasia mi porta per un attimo al mio limite.

Appesi per i tendini, i corpi vengono bruciacchiati. Elementi arcaici:
Corpi
Sangue
Fuoco
Fumi
Morte
Poi subito dietro l'angolo siamo nella "baia dell'anestesia". Là dietro due maiali vengono scaraventati su una specie di tamburo per toglierli le setole. Ma prima vengono fatti passare a penzoloni attraverso vapore per scottarli, sono morti al massimo da un minuto.
Vicino all'uccisione
Il maiale grufola, cerca di vedere.
Come un lampo gli viene spinta la testa in alto, la pinza elettrica viene applicata dietro le orecchie, poi la scarica elettrica.
Si alza lo sportello, l'animale anestetizzato cade di fianco sul rullo trasportatore. Subito segue l'incisione (a croce - quasi come il gesto in chiesa). Il sangue sgorga. Naso e labbra tremano. L'animale espelle la sua vita. Non è uno spirare. L'animale non riesce più a trattenere la sua vita. L'uomo ha rotto il vaso.
Dietro l'uccisione c'è subito la cosiddetta chiusa, come un tunnel.
I maiali sono dentro grufolando, il primo aspetta, quasi guardando l'anestesia del compagno, il secondo viene costretto ad entrare. Se l'animale non entra nella chiusa, il rullo avanza automaticamente e lo spinge meccanicamente da dietro.
Piccoli, non programmabili ritardi provocano immediatamente un ingorgo alla chiusa.

Il mio sguardo va al maiale morto che è stato appena appeso e che viene portato ora nel vapore caldo. Proprio davanti a me grufolano i maiali, se litigano vengono subito spruzzati con acqua fredda.
Le tracce dei morsi e graffi, li rivedo chiaramente più tardi: sui mezzi-maiali allineati e appesi nella stanza refrigerante. Qui riceviamo ancora una spiegazione plastica sulle singole parti della carne che di solito si vedono allineate sul banco: cotoletta, filetto …
Durante la sosta successiva nella mensa, incontriamo i macellai. Non sembra che sia dovuta lor nessuna comodità - la piacevolezza non ha posto nel mattatoio. C'è solo un distributore di bibite e qualche posacenere su un lungo tavolo di legno e una panchina. Gli operai della pedana recuperano un volto, una voce e diventano persone.
Non parlano del "reparto anestesia", bensì dei loro 22 anni nel macello. Questa chiarezza produce un effetto di onestà.
Sono uomini gentili, che sicuramente si fermerebbero ad aiutare se ti vedessero con la macchina guasta e ora sono contenti, dopo 8 ore di lavoro, di tornare a casa, alle 8 di mattina.
Intanto il responsabile della ditta ci fa vedere un film pubblicitario realizzato per la Thoenes: animali nella natura soleggiata, maiali che giocherellano nella stalla. La musica diminuisce, una scritta rossa attraversa lo schermo: "Un animale lascia la sua vita (…), macellazione rispettosa (…) gli è dovuta (…)", poi di nuovo musica.
Apparentemente la morale sembra tranquillizzata, il sonno profondo può continuare, buona notte.

In seguito ci incontriamo di nuovo nella nostra stanza accanto alla rampa. Il profumo dell'incenso di ieri fa sembrare di trovarsi a casa in mezzo a una situazione così terribile. Facciamo una condivisione di gruppo e cerco di dare espressione a quel che ho compreso:

Questo sono io.
Tutto è me.
Tutto succede dentro di me.
Che gran dolore!
Che grande libertà!

In seguito potrò dire che non mi ero aspettata questo sentimento, ma che piuttosto avrei condiviso le idee dei vegetariani impegnati. Ma per una polarizzazione, per non dire dualità, non c'era spazio dentro di me, non mi sono sentita separata dalle scene a cui non augurerei a nessuno di partecipare. Eppure tutti vi partecipiamo, tutti.
Più tardi m'accorgo della potenza della doppia morale del cosiddetto 'mattatoio biologico. Intanto, semplici polarizzazioni non funzionano qui, come per esempio, le evidenti crudeltà di un mattatoio convenzionale dove si macellano 1.300 maiali in un'ora dopo averli gasati con CO2, e questo per 8 ore al giorno.
No, qui si macellano solamente 140 maiali al giorno, solamente 50 bovini a settimana, invece di 780 bovini al giorno.
Qui si parla di "acclimatizzazione corrispondente alla specie" per evitare stress, giacché: "La carne pura non sopporta compromessi". (dixit l'opuscolo). Qui si parla di "Rispetto per la Vita", giacché "agli animali che macelliamo con le migliori procedure artigianali, siamo debitori durante la loro vita del nostro rispetto in quanto sono creature come noi".
Ed è precisamente questa piccola modifica, dove non si tratta più del rispetto durante la nostra vita, bensì la loro, che fa tutta la perfida e traditrice differenza.
Il mattatoio 'buono' e 'cattivo' che ci suggeriscono, in ultima analisi, non esiste:
Morte è morte.
A prescindere da dove.

Nella fattoria
Quando nel pomeriggio ci ritroviamo nuovamente nella fattoria, incontriamo un senso di estraneamento e chiusura: "No, per favore, non aprite la porta della stalla dei maiali, rende gli animali nervosi.".
Con mia costante sorpresa, e anche con un senso di sgomento, le nostre infinite domande, sia nel mattatoio che nella fattoria, non suscitavano alcuna domanda dall'altra parte. Eppure il nostro comportamento era veramente insolito. E naturalmente anche discutibile.
Ci mettiamo d'accordo per prendere il caffè insieme la mattinata dopo per dare l'occasione agli allevatori di fare domande.
Nonostante il tappeto sul quale facciamo la nostra meditazione finale, non c'è più spazio per noi nella fattoria. E mi diventa sempre più chiaro in che modo "andiamo contro le regole".
Così come abbiamo accompagnato gli animali, da maialino a maiale a carcassa segata, al mattatoio, cioè abbiamo portato la fattoria nel mattatoio, così ora portiamo il mattatoio nella fattoria.
Quest'atmosfera non appartiene a questo posto.
Qui ci si dovrebbe occupare solo di vita. E possibilmente sazia, calda e soddisfatta.

Accanto alle immagini e alle esperienze vissute durante la macellazione, questa meditazione di 40 minuti nella stalla dei maiali è stata per me un'esperienza quasi insopportabile ma altrettanto significativa.
I maiali proprio in quel momento venivano nutriti automaticamente. Mangiavano e strillavano rumorosamente. Molto rumorosamente.
Lo strillare. L'ingordigia, l'ingordigia.
E quello strillo è unico, nell'arco di tutta la loro vita- dalla nascita alla loro morte.

Nati, per trovare il loro senso nella morte, almeno nell'ottica degli umani.
Così si chiude il cerchio, che è presente ma non dev'essere visibile nel quotidiano.

Sono stato permeata e profondamente arricchita dai tre principi della Peacemaker Commmunity:
Non sapere
Partecipare
Unificarsi.